domenica 12 gennaio 2014

IL LIBRO COME PONTE TRA LE GENERAZIONI, Convegno

Programma
16,30 - Saluti del Prof. Alessandro Morgante Presidente  Municipio VIII Medio Levante
16,40 - Maria Antonietta Novara, Scrittrice, San Benedetto e Carlo Magno: dal passato, idee e soluzioni per  l’Europa della grande crisi
17,00 - Pier Angelo Vassallo, Storico della Filosofia, saggista, Il Nichilismo approdo finale di tutte le ideologie fallaci del Novecento
17,15 - Marco Merli, Editore,Il libro oggi
17, 35 - Emanuele Podestà, Studente, direttore collana Habanera, Alla ricerca di un linguaggio comune
Moderatrice Miriam Pastorino


San. Benedetto
Le civiltà fioriscono e decadono e nessuno può dire se siamo ancora in tempo a cambiare una storia che pare segnata. Ma quanto pesa l’ignoranza sui nostri destini? Oggi alcuni politici parlano apertamente di decrescita programmata, dichiarando così la loro impotenza di fronte a una crisi che mai avrebbero immaginato. Altri, più spocchiosi, dopo avere per qualche tempo riposto ogni fiducia nella pratica dell’austerità, oggi fantasticano su improbabili progetti di sviluppo, basati su quella spesa pubblica che essi stessi additano come causa principale del disastro. Tutti sanno che per curare una malattia bisogna per prima cosa conoscerne le cause. Purtroppo a nessuno di costoro viene in mente di aprire qualche libro di storia o di filosofia per comprendere le vere origini di una decadenza epocale che viene da lontano. Ai troppo pigri reggitori delle nostre sorti possiamo suggerire di colmare qualche lacuna leggendo "Le radici culturali della crisi", un  articolo di sole 1000 parole apparso su uno degli ultimi numeri de La Casana, il periodico della Carige (vedere più avanti). Per quanto riguarda il programma del nostro convegno diremo che rappresenta un tentativo di dialogo tra due mondi lontani per età e mentalità, i quali molto avrebbero da dirsi, servendosi  del libro come tramite; libro che, almeno in questo caso (e per fortuna) rappresenta un oggetto di comune interesse. 
Al momento non siamo in grado di prevedere gli esiti di un confronto che in ogni caso merita di essere tentato. Poiché  i giovani rappresentano l’unica nostra possibilità di futuro, è certo che, almeno i più volenterosi di essi, trarranno giovamento dalla scoperta delle ricchezze e delle soluzioni che ci offre il nostro importante passato. Magari colmando, in tal modo, le lacune di una scuola che ha fallito.



LE RADICI CULTURALI DELLA CRISI
La nostra epoca attraversa una profonda crisi, che però non è solo e principalmente economica, bensì etica e culturale (da “La Casana”)

Le radici culturali della crisi – facendo un inventario molto succinto e necessariamente incompleto – si possono rinvenire nelle seguenti concezioni filosofiche, mentalità, modi di vivere,fenomeni epocali: nichilismo, relativismo, scientismo, edonismo ed utilitarismo egoista, secolarizzazione. Vediamoli, ovviamente molto in sintesi.
Il nichilismo è ben definito da un suo esponente cruciale, Nietzsche, secondo cui per secoli noi esseri umani «abbiamo cercato in tutto l’accadere un “senso” che in esso non c’è». In particolare, come dice ancora Nietzsche,con la morte del Dio cristiano (cioè con l’indebolimento e/o la scomparsa della fede) è sparito ciò che per secoli ha rappresentato il fine-senso globale dell’essere della vita. Inoltre, per il nichilismo, non solo le cose non hanno un fine, ma non hanno nemmeno alcun valore/disvalore intrinseco. Per dirla ancora con Nietzsche, «non vi è nulla di buono, di bello, di sublime, di malvagio in sé».
Ora, per alcuni nichilisti la mancanza di valore riguarda la totalità dell’essere: pertanto l’omicidio e la violenza in genere,e così il suicidio, non hanno valore né disvalore.
Per Nietzsche, invece, la mancanza di valore riguarda le cose, ma non la volontà di potenza, che è l’unico vero valore: «la vita si adempie essenzialmente […] offendendo,facendo violenza, sfruttando, annientando».
Veniamo al relativismo, che è quella corrente che nega la possibilità per l’uomo di conoscere la verità e sostiene la relatività di ogni affermazione e di ogni pensiero: tutto ciò che l’uomo dice e pensa non è mai oggettivamente vero, perché tutto è soggettivo e ogni singolo uomo è l’unità di misura delle cose. Così, non è l’uomo ad adeguarsi alla realtà, ma è la realtà a doversi adeguare all’uomo, a doversi conformare alle sue voglie ed ai suoi desideri. Pertanto, le leggi debbono assecondare ogni desiderio (Dante dice che la regina Semiramide «libito fé licito in sua legge», trasformava ogni suo desiderio in legge) e concedere qualsiasi diritto.
E, se non è possibile conoscere la verità, non è possibile giudicare oggettivamente gli atti umani: dunque le azioni umane (anche quelle che siamo soliti considerare enormemente crudeli e malvagie, persino il genocidio) sono tutte moralmente indifferenti.
Quanto allo scientismo, esso afferma che solo la scienza può conoscere la verità e che solo gli enunciati scientifici hanno un valore conoscitivo, mentre tutti i saperi non scientifici non ce l’hanno, non possono affermare delle verità. Pertanto, l’uomo non può indagare sulle grandi domande esistenziali, su Dio, sull’anima e sulla sua immortalità, sul bene/male, sulla libertà, sulla sofferenza, ecc.
L’edonismo e l’utilitarismo egoista, dal canto loro, affermano che lo scopo del vivere è il conseguimento del proprio piacere e benessere, in generale il raggiungimento del proprio vantaggio. Ritengono impossibili – o comunque criticano – sia l’esercizio dell’amore disinteressato e il dono sia, in generale, la dedizione a scopi come il bene (e come il bene comune), la giustizia, il dovere morale, ecc., obiettivi verso cui producono (nelle persone) insensibilità e disinteresse.
Veniamo alla secolarizzazione. Tutte le precedenti concezioni producono la crisi del cristianesimo e ne sono nello stesso tempo il prodotto. Infatti, il cristianesimo afferma tesi decisamente antitetiche rispetto a tutte queste correnti. Rispetto al nichilismo afferma l’esistenza del valore delle cose e del senso della vita nonché (ovviamente) l’esistenza di Dio. Rispetto al relativismo sostiene la conoscibilità (anche se soltanto parziale) della verità, perlomeno di alcune verità fondamentali concernenti il significato del nostro essere al mondo, l’esistenza di Dio, il bene/male, la libertà, sulla sofferenza, ecc.
Rispetto allo scientismo asserisce l’esistenza anche di
una sfera spirituale dell’essere ed afferma la sensatezza delle questioni esistenziali che lo scientismo vorrebbe invece squalificare. Rispetto all’edonismo e all’egoismo proclama che il senso della vita umana risiede nell’amore di Dio e del prossimo.
Il cristianesimo, inoltre, promuove e difende l’antidoto cruciale all’edonismo ed all’egoismo: la famiglia, la cui odierna condizione di grande difficoltà è un’ulteriore (ed essenziale) causa della crisi della nostra epoca. Nella famiglia vige la logica della gratuità al posto della legge del do ut des: il bambino è amato per se stesso e non per l’utilità che esso produce; l’anziano è custodito anche se non è più produttivo; un familiare ammalato non viene abbandonato. Ognuno è amato e accettato per quello che è,e non per quello che fa, per ciò che produce o che possiede. Come Benedetto XVI ha detto varie volte, la famiglia è la cellula fondamentale della società (lo dicevano già molti pensatori non cristiani, per esempio Aristotele e Cicerone), è la sorgente della pace e dell’amore, il luogo primario dell’umanizzazione della persona: infatti, in una famiglia riuscita si esperiscono alcune componenti fondamentali della pace, come la giustizia e l’amore tra i suoi membri, l’autorità non dispotica dei genitori, il servizio amorevole ai più deboli, l’aiuto reciproco, la disponibilità ad accogliere l’altro e a perdonarlo. Pertanto la comunità umana non può fare a meno della famiglia e chi osteggia l’istituto familiare rende fragile la pace.
Ovviamente non è stato qui possibile argomentare delle
critiche (al riguardo sia permesso di rinviare a G. Samek Lodovici, Alcune tesi nichiliste (e qualche breve critica), in A. Aguilar (a cura di), Una nuova apologetica
per un nuovo millennio, IF Press, Roma 2011, pp. 87-
118) alle concezioni filosofiche menzionate quali radici
della crisi culturale contemporanea. Ma, forse, è stata almeno parzialmente lumeggiata la fecondità inestimabile, come antidoto alla crisi, del cristianesimo.
Quest’ultimo, per accennare ad un suo ulteriore inestimabile merito in aggiunta a quelli già menzionati, ha per primo affermato la dignità inviolabile di tutti gli esseri umani (e non solo di alcuni): uomini, donne, bambini, anziani, sani e malati, cittadini e stranieri, ricchi e poveri, ecc. Lo conferma Nietzsche, assolutamente insospettabile di simpatie cristiane, che auspicava un’aberrante selezione eugenetica del genere umano e perciò riteneva che la colpa imperdonabile (che in realtà è un merito imperituro) del cristianesimo fosse l’aver proclamato l’uguaglianza e la dignità intangibile di tutti: «il concetto dell’uguaglianza delle anime di fronte a Dio» è «il prototipo di tutte le teorie della parità dei diritti» e la morale cristiana «ha preservato […] i disgraziati attribuendo a ciascuno un valore infinito». E, ancora, «che cos’è la “virtù” e l’“amore per gli uomini” nel cristianesimo, se non appunto questa reciprocità nel sostegno, questa solidarietà dei deboli, questo ostacolo frapposto alla selezione?».

di Giacomo Samek Ludovici
Docente di Storia delle dottrine morali all’Università Cattolica di Milano